Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
Nel contesto dell’attività commerciale, ci si interroga spesso sulla linea di demarcazione tra il rapporto di agenzia e il rapporto di procacciamento di affari, dato che comportano rilevanti differenze tra loro in tema di rilevanza dell’azione commerciale e di spettanze economiche anche con riferimento all’inquadramento contributivo.
Vediamo di seguito le principali differenze tra il ruolo dell’agente e il ruolo del procacciatore d’affari individuate dalla giurisprudenza italiana nel corso degli anni.
Il rapporto di agenzia e di procacciamento d’affari si distinguono tra loro principalmente per il carattere stabile del primo e facoltativo del secondo e per l’episodicità e l’occasionalità del rapporto di procacciamento d’affari. L’attività del procacciatore di affari è infatti limitata alla segnalazione di clienti o alla sporadica raccolta di ordini, diversamente dall’attività esercitata dall’agente, volta a promuovere stabilmente la conclusione di contratti per conto del preponente.
La giurisprudenza individua quali elementi peculiari del rapporto di agenzia:
– l’organizzazione autonoma dell’agente;
– l’assunzione da parte dello stesso del rischio per l’attività promozionale svolta, che si manifesta nell’autonomia dell’agente nella scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto delle istruzioni ricevute dal preponente;
– il legame di collaborazione tra agente e preponente implica che l’agente sia tenuto a fornire al preponente tutte le informazioni utili alla valutazione di convenienza degli affari.
Il Tribunale di Napoli si è da ultimo espresso sul recesso per giusta causa dal contratto di agenzia rilevando che ai fini della valutazione della gravità della condotta causa del recesso, si deve considerare la particolare intensità del rapporto di fiducia che lega agente e preponente; per la legittimità del recesso nel rapporto di agenzia, pertanto, sarebbe sufficiente un fatto di minore gravità rispetto al tipo di comportamento normalmente richiesto per il licenziamento per giusta causa del lavoratore subordinato.
Il procacciatore d’affari non è espressamente regolato dal Codice civile. Il procacciatore è generalmente considerato un collaboratore del preponente che raccoglie ordini (proposte di contratto) presso i clienti e si limita a trasmetterle al preponente, senza disporre del potere di rappresentanza.
Secondo la giurisprudenza più autorevole, il rapporto è atipico e soggetto alla disciplina del contratto di agenzia ove compatibile. Pertanto:
– il procacciatore d’affari ha diritto a un compenso provvigionale sui contratti da lui promossi;
– le controversie relative al rapporto di procacciamento di affari sono di competenza del Giudice del Lavoro qualora la collaborazione si concreti in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
La prestazione dell’agente si connota per essere continuativa e stabile in quanto egli ha l’obbligo di svolgere un’attività di promozione di contratti; la prestazione del procacciatore, invece, è meramente occasionale e non stabile, nel senso che dipende esclusivamente dall’iniziativa del procacciatore.
La qualificazione di agente o procacciatore d’affari non è meramente nominale, ma rileva soprattutto alla fine del rapporto: l’indennità di cessazione del rapporto spetta infatti, a certe condizioni, esclusivamente all’agente e non al procacciatore d’affari.
In alcuni casi, tuttavia, il procacciatore dimostratosi un abile partner commerciale, dopo aver promosso stabilmente nel tempo le vendite dei prodotti del preponente, potrebbe reclamare lo status di agente e domandare un’indennità di cessazione del rapporto e, se di rapporto di agenzia si è in effetti trattato, il preponente dovrà provvedere al pagamento di somme non preventivamente calcolate, con aggravio sui costi d’impresa.
Per evitare tale rischio è fondamentale inquadrare fin da subito correttamente la relazione contrattuale che si vuole instaurare con il partner d’affari.
Qualora siano in corso rapporti contrattuali o di fatto con procacciatori di affari occorrerà verificare le modalità concrete di esecuzione del rapporto per stimare il rischio della potenziale richiesta di indennità all’atto della cessazione del contratto.
La prassi commerciale di incaricare un intermediario che poi opera di fatto stabilmente come agente, stipulando con lui un contratto di procacciatore (e lasciando tale situazione invariata nel tempo) è altamente sconsigliabile ed espone al rischio di controversie sul pagamento dell’indennità di cessazione del rapporto che giustamente pretenderà il procacciatore che ha operato come agente (di fatto).