Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
Con decisione datata 28 gennaio 2021 la Corte Suprema di Danimarca ha deciso che le obbligazioni contrattuali assunte dall’agente commerciale non subiscono modifiche neppure a seguito di un comportamento “passivo” del preponente nell’esercitare i propri diritti.
Il caso in esame riguardava infatti un contratto di agenzia nel quale le parti avevano inserito una clausola con la quale l’agente si obbligava a promuovere le vendite di prodotti distinti da altri marchi del settore fashion solamente previo consenso scritto del preponente. In base alla clausola, in caso di violazione il preponente aveva il diritto di recedere dal contratto, essendo considerato il comportamento in questione una violazione materiale.
Nello specifico il preponente aveva anche accettato nel corso del rapporto che l’agente promuovesse prodotti distinti da altri marchi senza il proprio consenso. Nel momento in cui l’agente reiterava tale comportamento precedentemente accettato di fatto, il preponente risolveva il rapporto per inadempimento materiale della suddetta clausola.
La Suprema Corte danese veniva quindi investita delle seguenti questioni:
i-la clausola di non concorrenza era da ritenersi modificata e quindi superata dal comportamento passivo/di fatto del preponente?
ii- l’agente aveva diritto a un’indennità di fine rapporto?
La Suprema Corte danese ha stabilito che la clausola non era stata modificata nonostante il comportamento passivo del preponente, che aveva accettato per ben dieci anni la condotta dell’agente in violazione, con la conseguenza che la risoluzione del contratto era giustificata sulla base della violazione materiale commessa dall’agente.
Per quanto riguarda invece l’indennità di fine rapporto riconosciuta in capo all’agente la sezione 27 del Codice danese sull’agenzia commerciale prevede che il diritto dell’agente all’indennità di fine rapporto viene meno nei casi in cui il preponente giunga alla risoluzione del contratto a causa di una violazione materiale da parte dell’agente.
La Corte ha così statuito la validità della suddetta clausola contrattuale -nonostante il suo non esercizio da parte del preponente per un lungo periodo – e la conseguente effettiva violazione da parte dell’agente, con correlata esclusione del diritto all’indennità di fine rapporto dell’agente.
L’aspetto pregnante, e per certi versi inaspettato per la sua rigidità, che emerge da questa decisione è che la clausola contrattuale prevale rispetto al successivo comportamento “di fatto” seguito dalle parti durante l’esecuzione del contratto.
Non sappiamo se nel contratto fosse prevista o meno una c.d. non waiver clause (che prevede che i diritti di una parte siano preservati nonostante il loro mancato esercizio da parte dell’avente diritto) ma certo è che la decisione non sembra tenere conto della realtà operativa di molti contratti in corso che potrebbero considerarsi modificati dal comportamento “di fatto” e secondo buona fede di una parte, comportamento sul quale l’altra parte potrebbe porre un ingiustificato affidamento secondo la posizione espressa dalla Corte danese.
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