Per rispondere a queste domande occorre in primo luogo verificare cosa prevede la clausola arbitrale presente nel contratto tramite la quale le parti hanno deciso di devolvere l’eventuale lite ad un arbitrato internazionale in luogo del giudice nazionale (auspicabilmente previa attenta valutazione dei relativi pro e dei contro).
Come abbiamo già visto in un precedente capitolo, la clausola arbitrale può prevedere che l’eventuale lite venga devoluta ad un arbitrato ad hoc o ad un arbitrato amministrato.
In linea generale l’arbitrato ad hoc “puro” costituisce una procedura arbitrale gestita unicamente dagli arbitri o dalle parti, senza l’intervento di alcun organismo esterno (una Camera Arbitrale Internazionale ad esempio) con lo scopo di esaltare al massimo l’autonomia privata. Ciò significa che nell’arbitrato ad hoc la disciplina del procedimento arbitrale è tendenzialmente quella prevista dalla convenzione arbitrale integrata dalle norme suppletive ed imperative della lex arbitri.
Diversamente l’arbitrato amministrato (o istituzionale) è quell’ arbitrato in cui tutti gli aspetti della procedura sono disciplinati dai rispettivi regolamenti emanati da organismi/istituzioni arbitrali permanenti (ad esempio la Camera di Commercio Internazionale di Parigi, la Camera Arbitrale di Milano, o la London Court of International Arbitration) e, per le questioni non previste dal regolamento (che comunque tenderà a riconoscere ampi margini di discrezionalità agli arbitri), si applicherà la lex arbitri (cioè la legge sull’arbitrato prevista dall’ordinamento statale in cui esso ha sede le cui eventuali norme imperative dovranno essere rispettare).
Dare una descrizione precisa del procedimento arbitrale internazionale è ovviamente impossibile, proprio perché è espressione dell’autonomia delle parti e degli arbitri e quindi soggetto a variare a seconda dei casi (in ragione delle disposizioni previste dalla clausola arbitrale, dal regolamento e/o istituzione arbitrale scelta, dalla lex arbitri applicabile, nonché dalle eventuali successive scelte delle parti e/o del tribunale arbitrale).
In tale contesto, dall’esame generale delle regole previste dalle varie istituzioni arbitrali, pur muovendo come base per l’analisi l’arbitrato internazionale ordinario previsto dalla CCI di Parigi (esiste anche il procedimento semplificato denominato “Expedited Procedure”) ed il relativo regolamento, si possono individuare tendenze generali comuni dalle quali si evince un graduale sviluppo di una prassi procedurale uniforme che tende ad avvicinare i mondi di civil e common law.
Fase introduttiva: Domanda e Risposta
Chi intende promuovere un procedimento arbitrale, eventualmente a seguito del fallimento delle trattative stragiudiziali e/o dell’esito negativo della mediazione internazionale, deve depositare la Domanda, sommaria o esaustiva a seconda della strategia legale che si intende perseguire, presso l’ufficio competente dell’istituzione arbitrale scelta, la quale normalmente provvederà a notificarla al convenuto.
Il convenuto, se intende difendersi dovrà depositare, entro un termine tendenzialmente breve (ma prorogabile) la Risposta, con eventuale domanda riconvenzionale, sommaria o esaustiva in relazione alle scelte dell’attore, presso il medesimo ufficio competente che la notificherà all’attore.
Fase preliminare: la costituzione del tribunale arbitrale, il preliminary meeting e il Terms of Reference
A seguito del deposito e della notifica della Risposta l’istituzione arbitrale costituisce il tribunale arbitrale (arbitro unico o collegio) tenuto conto di quanto espresso dalle parti nella clausola arbitrale e negli atti introduttivi, con particolare riferimento a numero e designazione degli arbitri.
Costituito il tribunale arbitrale è prassi diffusa procedere con un preliminary meeting tra le parti e l’arbitro avente ad oggetto un confronto generale sull’organizzazione della procedura che può tenersi anche in videoconferenza a cui possono seguire le cd. procedural order dell’arbitro in cui vengono fissate una serie di regole specifiche applicabili alla procedura.
A conclusione di tale fase, viene prevista la sottoscrizione del Terms of Reference o documento analogo ad opera delle parti. Si tratta di un documento redatto a seguito delle discussioni scritte e orali svolte tra le parti e l’arbitro in questa fase, che ha tra le sue funzioni principali quella di delimitare l’oggetto dell’arbitrato e di precisare le domande delle parti, nonché regolare vari aspetti di non secondaria importanza della futura procedura tra cui sede, lingua, calendario, ecc.
Fase del processo: scambio degli atti, istruzione probatoria ed eventuali misure cautelari
Successivamente si procede a uno scambio di memorie scritte (full statement of claim) che illustrino in modo esaustivo la posizione delle rispettive parti con allegate le prove scritte e l’indicazione dei testi che forniranno le prove orali.
Con riferimento all’istruzione probatoria la prassi attuale tende verso un ragionevole equilibrio tra prove scritte (ispirate alla tradizione di civil law) e orali (di matrice common law).
In particolare, assume sempre più importanza l’esame dei testimoni, che può anche includere la testimonianza diretta della parte, sia in forma orale (attraverso direct examination, cross examination e re-direct examination), che in forma scritta (witness statements) ed è ammesso lo strumento del witness conferencing (sentire più testimoni insieme, di impronta inquisitoria).
Possono essere richieste consulenze tecniche di parte o d’ufficio mentre non è estendibile l’istituto della discovery se non tra parti che ne condividano l’impostazione (es. due società USA). Tuttavia, vengono in linea di principio ammesse, con prudenza, al ricorrere di certe condizioni e con il placet dell’arbitro, le richieste di esibizione di documenti (request to produce).
Va infine sottolineato che l’arbitro ha un approccio più “inquisitorio” rispetto al nostro giudice civile: egli infatti, partecipa direttamente alla ricerca della verità attraverso richieste di precisazioni e chiarimenti, valutando liberamente le prove e, se lo ritiene opportuno, può tendenzialmente richiedere prove ulteriori a quelle presentate.
La prassi usuale prevede poi, come chiusura dell’istruttoria, uno scambio successivo di due memorie per ciascuna parte (statement of claim e statement of defence seguito da un rejoinder of claim e rejoinder of defence), che può anche avvenire simultaneamente.
Assume particolarmente importanza, specie nel contesto di controversie internazionali in cui è più agevole spostare eventuali prove fuori dalla giurisdizione competente o assets in luoghi in cui è impossibile eseguire l’eventuale sentenza, la possibilità concessa all’arbitro di concedere, in presenza di determinati presupposti, misure cautelari di vario tipo a tutela dei diritti della parte potenzialmente lesa.
Fase finale: memorie finali e lodo arbitrale
Esaurita l’istruttoria si prevede l’ultimo scambio di memorie (post-hearing briefs) o un’udienza per la presentazione orale delle conclusioni; poi si chiude il procedimento per la redazione e deliberazione del lodo arbitrale.
In conclusione, lo strumento dell’arbitrato internazionale può consentire alle parti di delineare un procedimento giudiziario (che come visto può variare in base a diversi fattori) costruito su misura a patto che, in sede di negoziazione del contratto, la clausola arbitrale venga redatta con accuratezza, scegliendo con attenzione l’istituzione arbitrale più adatta al caso di specie senza trascurare la valutazione di elementi che potrebbero apparire a prima vista marginali, come lingua e sede, ma che potrebbero invece comportare incognite (quanto meno sul versante di costi, tempi e gestione del procedimento) non preventivate in caso di mancata scelta espressa.
Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
Massimiliano Gardellin
Avvocato in Torino e Milano
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