Arbitrato internazionale. Efficacia della clausola arbitrale: attenzione alla riserva della commercialità!

Come evidenziato negli articoli precedenti del decalogo pubblicato sul nostro blog l’arbitrato rappresenta uno dei principali strumenti di risoluzione delle controversie internazionali in alternativa al giudice nazionale.  

Per devolvere l’eventuale conflitto davanti al tribunale arbitrale occorre l’accordo delle parti che si concreta normalmente con la redazione nel contratto della clausola arbitrale

Sebbene sia diffusa l’opinione che l’arbitrato rappresenti la maniera “normale” di risolvere controversie relative a contratti internazionali occorre ricordare che non sempre costituisce la soluzione più appropriata, ma è sempre opportuno svolgere una valutazione ponderata tra i pro e contro dell’arbitrato nel caso specifico, rispetto alla lite davanti al giudice ordinario, tenuto conto in particolare del valore, degli obiettivi e della posizione assunta dalla parte nel contratto.  

Nel caso le parti decidano per la soluzione arbitrale dovranno poi scegliere se optare per un arbitrato ad hoc o amministrato, e in questo secondo caso, a quale istituzione arbitrale affidare l’eventuale controversia, al fine di individuare il procedimento arbitrale più adatto alle proprie esigenze. 

Se si intende optare per l’arbitrato è fondamentale verificare l’adesione del Paese della controparte alla Convenzione di New York del 1958 (in tal caso il lodo sarà riconosciuto nel Paese della controparte con la conseguenza che, in caso di lodo arbitrale favorevole, sarà possibile procedere con l’azione esecutiva per far valere i propri diritti, ad esempio mediante un pignoramento dei conti correnti presenti nel Paese in caso di condanna della controparte al pagamento di una somma di denaro). Ci soffermiamo spesso su questo punto nei nostri articoli aventi ad oggetto uno specifico Paese Target (ThailandiaVietnamPortogalloSpagnaGermaniaGiapponeCanadaScandinaviaIsraele, ecc..). 

Solo tenendo conto di queste tre considerazioni generalissime e preliminari (e ve ne sono altre) raccomandiamo di evitare la redazione di clausole cd. “fai da te, copiate da altri contratti o da internet, che potrebbero rivelarsi non adatte al caso specifico (con il rischio rendere più difficile o sconveniente far valere i propri dirittio addirittura patologiche (con il rischio che la causa sarà devoluta al giudice nazionale competente individuato secondo la corretta applicazione delle norme di diritto privato  internazionale). 

Oggi ci soffermiamo su una ulteriore valutazione da effettuare in via preliminare, spesso tralasciata o data per scontata, per la redazione di una corretta ed efficace clausola arbitrale

In linea generale, anche quando la controparte appartiene ad un paese aderente alla Convenzione di New York (“la Convenzione”), circostanza che offre in sé ragionevoli garanzie di efficacia della clausola, appare comunque opportuno verificare che la materia del contratto sia arbitrabile” per la legge ed i giudici del Paese della controparte, cioè suscettibile di essere oggetto di arbitrato. 

Va premesso che normalmente, quando il contratto ha ad oggetto una materia “commerciale”, la clausola arbitrale sarà valida ed efficace nel Paese aderente alla Convenzione, in quanto a livello internazionale, il carattere “commerciale” viene inteso in senso ampio. Tuttavia, tale principio generale può incontrare alcune eccezioni. 

Può infatti accadere che il legislatore nazionale abbia deciso di riservare in via esclusiva ai propri tribunali la competenza su certe materie o contratti, escludendo in questi casi la possibilità di rivolgersi a giudici “privati” (i.e. gli arbitri), oppure di limitare, mediante la cd. riserva della commercialità (utilizzata da 1/3 dei Paesi aderenti alla Convenzione), l’applicazione della Convenzione unicamente alle controversie nate da rapporti considerati come “commerciali” dalla sua legge nazionale.  

Anche se normalmente i giudici nazionali tendono ad accogliere una nozione ampia del carattere commerciale del rapporto, vi sono stati casi in cui i giudici locali hanno negato l’applicabilità della Convenzione a rapporti che dovrebbero normalmente considerarsi commerciali a tutti gli effetti. Ad esempio, in alcuni Paesi del Nord Africa e dell’Asia, la giurisprudenza ha rifiutato di riconoscere il carattere commerciale ad un programma di urbanizzazione redatto da architetti o ad un contratto di fornitura di un impianto “chiavi in mano” e di trasferimento di know how

Pertanto, nel caso in cui la controparte abbia sede in un Paese che ha sottoscritto la Convenzione adottando la riserva della commercialità, conviene verificare preventivamente, soprattutto quando si tratti di Paesi la cui adesione alla Convenzione è recente, che la legislazione ed i giudici locali non adottino una interpretazione restrittiva di tale requisito, in grado di sottrarre all’applicazione della Convenzione rapporti normalmente considerati commerciali. 

n situazioni di questo tipo, che vanno valutate caso per caso, in cui è prevista l’esclusiva competenza dei giudici nazionali in una certa materia, oppure quando il Paese della controparte non riconosce il carattere commerciale al rapporto oggetto di controversia, l’arbitrato non è percorribile in quanto tale scelta non varrebbe ad escludere la competenza del giudice nazionale e l’eventuale sentenza arbitrale rischierebbe di non poter essere riconosciuta ed eseguita in quel dato Paese. 

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Marcello Mantelli  
Avvocato in Milano e Torino

Massimiliano Gardellin
Avvocato in Torino e Milano

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