Paesi: Portogallo e Italia
Industry: Life Sciences-Cosmoceutica
Field: Contenzioso internazionale – Recupero crediti all’estero – Recupero crediti Portogallo – Decreto ingiuntivo europeo – Contratti internazionali
La nostra assistita, una società esportatrice italiana, operante nel settore della cosmoceutica, perfezionava con una società con sede in Portogallo, una serie di vendite internazionali di merci nel contesto di un rapporto di distribuzione internazionale.
Tuttavia, nel corso della relazione commerciale, la società portoghese aveva accumulato un debito nei confronti della nostra assistita di circa € 80.000,00 derivanti dal mancato pagamento di fatture emesse a fronte della regolare consegna di merce.
Per il recupero del credito all’estero, a seguito dell’infruttuoso tentativo esperito in via stragiudiziale tramite l’invio di una diffida di pagamento, abbiamo instaurato un procedimento sommario denominato ingiunzione di pagamento europea (cd “decreto ingiuntivo europeo) davanti al competente tribunale portoghese, individuato in base al diritto processuale europeo.
Tuttavia, contro il provvedimento di ingiunzione reso in nostro favore, la controparte presentava formale atto di opposizione, instaurando così un ordinario procedimento civile, nel quale eccepiva di vantare a sua volta un credito nei confronti della nostra assistita di circa € 150.000,00.
La controparte sosteneva che tale credito derivasse da una dichiarazione di accollo del debito stipulata tra la nostra cliente ed una terza società portoghese, chiamata anch’essa in giudizio, la quale aveva intrattenuto rapporti commerciali sia con la nostra assistita sia con la controparte.
Preso atto delle difese di controparte, la nostra difesa si è fondata su due punti principali:
1. preliminarmente, il contratto di accollo era regolato dal diritto italiano (al quale il giudice portoghese è tenuto conformarsi) ai sensi del quale l’accordo in questione doveva configurarsi come un “accollo interno o semplice”, con effetti meramente interni tra i contraenti: di conseguenza, il creditore dell’accollato non aveva titolo per avanzare pretese nei confronti della nostra assistita;
2. la nostra assistita dopo aver rilasciato la già menzionata dichiarazione di accollo, aveva legittimamente esercitato la sua facoltà di revoca del contratto di accollo, nei modi e termini di legge;
3. la mancata produzione di prove idonee a dimostrare il vantato diritto di credito della controparte nei confronti della terza società chiamata in giudizio.
Tuttavia, tenuto conto dell’alea del processo che si basava sulla corretta interpretazione di un istituto del diritto italiano (validità ed effetti dell’“accollo interno”) da parte di un giudice portoghese, abbiamo avviato trattative stragiudiziali con la controparte volte a chiudere la vicenda in via amichevole che si sono concluse con un accordo transattivo favorevole per la nostra assistita.