Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
Come già esposto in precedenza su questo blog, secondo le stime di Sace-Simest, quello degli Stati Uniti d’America è il terzo mercato di destinazione per l’export italiano, soprattutto per quanto riguarda i settori relativi a meccanica strumentale, mezzi di trasporto, chimica, tessile e abbigliamento, food & beverage.
Alla luce delle grandi opportunità di affari per le imprese italiane, va tuttavia considerato che gli States costituiscono una federazione di Stati dove authority e regolamentazione degli aspetti legali sono gestiti a seconda dei casi dalla legge federale o dalla legge dei singoli Stati.
La legge federale si occupa di tutto ciò che è “interstate commerce”, ossia attività che comportano un commercio tra vari Stati; la legge statale copre invece ciò che è “intrastate commerce”, ossia attività che rimangono interne ai singoli Stati.
Oggi focalizziamo l’attenzione in particolare sulla legge statale della California, dove la conclusione di un contratto commerciale richiede l’adempimento di determinate previsioni, soprattutto per quanto riguarda termini ragionevolmente certi, consenso reciproco a tali termini e oggetto del contratto.
Per essere “ragionevolmente certi”, i termini di un contratto – secondo la legge statale californiana – devono essere sufficientemente definiti, in modo da fornire una base certa che permetta di determinare in seguito se le parti hanno rispettato i loro obblighi e quale rimedio è prospettabile in caso di violazione.
Un contratto commerciale concluso in California deve inoltre avere uno scopo legittimo ed entrambe le parti devono avere la capacità giuridica di stipulare un rapporto contrattuale. Se l’offerta formulata soddisfa tutti questi requisiti, il rapporto si perfeziona nel momento in cui viene accettata dalla controparte.
Tale accettazione non deve essere necessariamente esplicita, potendosi desumere anche attraverso i c.d. fatti concludenti. Inoltre, l’offerta può essere revocata in qualsiasi momento prima dell’accettazione, a condizione che le parti non si siano accordate per prevedere un periodo di tempo più lungo di apertura dell’offerta. In mancanza di tale accordo, l’offerta si considera scaduta dopo un “tempo ragionevole”, calcolato in base alle circostanze del caso concreto.
Quale regola generale, negli States molti Paesi prevedono poi un obbligo di conclusione dei contratti commerciali in forma scritta. Una previsione più puntuale si ha nell’UCC (Uniform Commercial Code), dove al paragrafo 2-201(1) si precisa che qualunque contratto di vendita di beni che ecceda i 500 dollari deve essere redatto in forma scritta, riportando le parti la cifra concordata e la loro sottoscrizione.
Ad ogni modo resta ferma l’applicazione della legge statale, per cui sarà una libera scelta di ciascuno Stato prevedere o meno la forma scritta per il contratto. La California sul punto non richiede che le parti concludano un accordo necessariamente in forma scritta, se non in circostanze specifiche identificate in una norma nota come “statute of frauds”.
Per ulteriori approfondimenti sulla disciplina in materia di contratti commerciali conclusi con partners con sede negli Stati Uniti, si rimanda agli articoli presenti sul nostro blog.
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