Con una pronuncia del 2017, il Tribunale di Milano – Sezione specializzata in materia di impresa – ha fatto chiarezza sull’articolato mondo delle nuove tecnologie e, in particolare, sul contratto di fornitura, sviluppo o licenza di software.
Il caso riguarda una risoluzione per inadempimento di due contratti aventi ad oggetto, uno, la fornitura di un software grafico personalizzato da parte di una software house in favore di una società editrice, l’altro, l’implementazione della tecnologia web al fine di permettere al software sviluppato di interagire con il nuovo sito internet della società editrice.
In particolare, da una consulenza tecnica d’ufficio informatica è emerso un errore di progettazione da parte della software house e l’assenza della manualistica tecnica (che costituisce, secondo il Tribunale, un comportamento “in contrasto con le migliori pratiche dello sviluppo e della fornitura software”).
Inoltre, è stato accertato il mancato funzionamento di importanti implementazioni che erano state appositamente previste all’interno del contratto, unitamente ad una serie di malfunzionamenti con riferimento a diverse funzioni che il software avrebbe dovuto espletare.
In questo senso, la pronuncia del Tribunale di Milano ha stabilito come, a prescindere dalla qualificazione del contratto, il fornitore del prodotto (in questo caso informatico) assume nei confronti del destinatario un vero e proprio obbligo di risultato. Per tale motivo, non si può considerare il rapporto tra le parti come semplice licenza d’uso del software in questione, ma si tratta viceversa di una prestazione per cui il fornitore garantisce anche un’utilità concreta per la società committente fornendo tutte le attività necessarie per l’implementazione dello stesso.
Ne risulta che, nel caso di specie, la società informatica era tenuta a garantire un’utilità concreta alla società committente, unitamente alla corretta funzionalità del software e alla sua interazione con il sito web.
Di conseguenza, i diversi inadempimenti della software house e i vari malfunzionamenti hanno fatto concretamente venire meno un’utilità per la società committente che era stata espressamente concordata all’ interno del contratto, con conseguente accoglimento della domanda di risoluzione del contratto presentata dalla società editrice.
In conclusione dalla sentenza esaminata emerge che l’obbligazione che il fornitore di un software personalizzato assume nei confronti del proprio committente deve sempre consentire di attuare -in concreto- il fine perseguito dal cliente, garantendo la corrispondenza del software alle specifiche tecniche evidenziate all’ interno del contratto.
Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
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