Come ci si poteva ampiamente attendere, l’impatto del Coronavirus non solo da un punto di vista sanitario, ma anche economico, comincia a pesare sull’economia italiana e mondiale, tanto che il Fondo Monetario Internazionale prevede per quest’ultima una flessione nella misura dello 0,1-0,2%.
Accanto a queste tematiche di carattere macroeconomico ne esistono tuttavia altre che coinvolgono in via più diretta ed immediata la operatività quotidiana delle imprese che si stanno misurando con i possibili effetti negativi dell’epidemia Covid-19 sui rapporti contrattuali in corso.
Tralasciando per ora le possibili ripercussioni sui trattati di libero scambio, che contengono già di per sé ipotesi di blocco delle importazioni nei casi di rischio per la salute o per la sicurezza, si pensi al caso, reale ed attuale, della decisione di una grande potenza economica come l’India che ha imposto il divieto di importazione di tutte le merci provenienti dalla Cina.
In un’epoca come la nostra caratterizzata da forti spinte “protezionistiche” non è difficile immaginare come il diffondersi dell’epidemia Coronavirus in aree sempre più estese, possa in qualche modo costituire un facile pretesto per ampliare i confini delle restrizioni già in vigore non solo da un punto di vista merceologico ma anche geografico.
Senza considerare il fatto che in un settore come quello del commercio internazionale, in cui il trasporto marittimo costituisce di gran lunga il metodo di spedizione delle merci più diffuso, non è esclusa l’ipotesi di messa in quarantena degli equipaggi delle navi, che viaggiano insieme alle merci contenute nei container stivati, a prescindere dalla reale pericolosità delle merci medesime.
Infine, è noto come la maggior parte dei contratti internazionali, soprattutto quelli ad esecuzione continuata, quali un contratto di distribuzione, contengano clausole di forza maggiore, il cui compito è quello di sgravare di responsabilità la parte inadempiente che si è trovata nell’impossibilità di fornire la propria prestazione per cause ad essa non imputabili, imprevedibili ed inevitabili, quali ad esempio guerre, calamità naturali ed epidemie, come appunto il Coronavirus.
In tali casi, l’inadempimento può derivare non soltanto dalla mancata consegna di un prodotto ma anche dal ritardo nel fornire la prestazione causato, come sta verificandosi in questi giorni, dalla chiusura in via cautelativa di uno stabilimento produttivo che ha sede in un’area a rischio oppure dalla limitazione della libertà di circolazione e quindi della capacità di approvvigionamento dovuto ad un provvedimento di un’Autorità (cosiddetto Factum Principis o Act of God, per dirlo alla anglosassone).
Qualora l’impossibilità di adempiere del tutto oppure solo parzialmente alle proprie obbligazioni dovesse protrarsi per un determinato periodo (in genere definito contrattualmente) entrambe le parti del contratto saranno libere di recedere senza che ciò costituisca un inadempimento e quindi senza dover rispondere degli eventuali danni patiti dalla controparte non solo in via diretta ma anche indiretta (impossibilità di fornire i propri clienti finali oppure perdita di chance).
Quale ulteriore diretta conseguenza del diffondersi dell’epidemia Covid-19 sui contratti in corso, è immaginabile l’insorgere di un certo volume di contenzioso, che avrà ad oggetto innanzitutto l’accertamento di cosa debba intendersi per forza maggiore e quindi quali inadempimenti possano essere ricondotti a tale evento oppure, in caso negativo, semplicemente considerati quali violazioni contrattuali.
Per prevenire e per ridurre quanto più possibile tale rischio, le imprese coinvolte da un punto di vista economico e produttivo dalla diffusione del Coronavirus, poiché aventi sede in aree considerate a rischio oppure poiché colpite da provvedimenti autoritativi che in qualche modo limitano la propria capacità produttiva, dovranno innanzitutto intraprendere opportune iniziative, quali in primis:
– notificare alla propria controparte il verificarsi delle circostanze di forza maggiore;
– notificare alla controparte l’intenzione di avvalersi della clausola di forza maggiore (se presente nel contratto in corso);
– fornire alla controparte tutte le informazioni sull’evolversi della situazione;
– notificare alla controparte il venir meno dell’evento di fora maggiore oppure la propria volontà di recedere dal contratto (allo spirare dei termini previsti nel contratto, se presenti).
Infine, in caso di negoziazioni in corso in questi giorni con partner esteri, finalizzate alla conclusione di un contratto internazionale, sarà bene prevedere clausole di forza maggiore chiare e complete volte a disciplinare le ipotesi menzionate così come i loro effetti sull’esecuzione del contratto, in modo da proteggere il vostro business.
Per maggiori informazioni sull’impatto del Covid-19 sui contratti internazionali, vi segnaliamo il corso “I contratti internazionali nella fase di ripresa post Covid-19” che l’Avv. Luca Davini terrà in modalità webinar il prossimo 25 novembre 2020, organizzato dalla Camera di Commercio di Torino in collaborazione con il Ceipiemonte.
Avv. Luca Davini
Avvocato in Milano e Torino
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