È risaputo come l’export di prodotti Made in Italy sia uno dei motori centrali dell’economia italiana. Tale attività – che si concentra prevalentemente su prodotti agroalimentari, beni farmaceutici, abbigliamento, meccanica strumentale e beni di investimento – può essere intrapresa secondo vari sistemi di distribuzione.
Il più ovvio e intuitivo è dato certamente dalla distribuzione diretta, la quale consiste nell’assenza di intermediari tra il produttore ed il mercato. In questo caso il produttore utilizza proprie filiali per distribuire e dispone di un ottimo controllo del mercato, anche se questo richiede spese ed investimenti consistenti.
Tuttavia, non necessariamente occorre avere una presenza diretta, essendo dunque possibile la creazione di reti distributive integrate con marchio dell’azienda e partner locali. In questo senso, l’intermediario (che promuove una vendita tra produttore e cliente) o il rivenditore (che acquista e rivende la merce del produttore) viene integrato nella rete del produttore e ha il compito di promuovere i prodotti di questo in conformità con le scelte commerciali e di marketing aziendale, in cambio di una posizione di privilegio (esclusiva o situazione equivalente).
Attraverso tale metodo, che si distingue dal semplice piano di export volto a distribuire prodotti mediante importatori e distributori, verrà a crearsi una vera e propria rete a marchio internazionale con punti vendita e strutture di supporto. Questa rete – tramite la mappatura delle aree di sbocco, dei livelli di prezzo, del sistema distributivo locale e delle abitudini di consumo – permetterà dunque di comprendere quali siano i luoghi più adatti per avviare un business redditizio con il proprio marchio e l’aiuto di partner locali.
I vantaggi di una distribuzione pensata in questo modo consistono in:
– omogeneità di immagine e posizionamento;
– estensione del mercato;
– gestione più efficiente della distribuzione a costi minori;
– attuazione efficiente del piano marketing.
Le formule per sviluppare una rete a marchio sono diverse: a partire dalla distribuzione/concessione di vendita, fino alla partnership, al franchising ed alla gestione diretta.
Per poter decidere in che modo sviluppare tale rete a marchio si deve dunque partire da un’analisi di quelli che sono gli obiettivi fondamentali:
i. qualora l’obiettivo sia essere presenti in loco con store fisici, senza tuttavia la necessità di gestire i clienti finali, sicuramente la distribuzione/concessione di vendita sarà un’ottima soluzione;
ii. se, viceversa, l’azienda necessita di controllare tutti i processi, potrà valutarsi l’ipotesi di una partnership disegnata su misura per l’impresa e adattata al caso di specie;
iii. infine, nel caso in cui il fine ultimo sia quello di raggiungere i clienti finali anche per quanto riguarda anagrafica e gestione della relazione commerciale, la soluzione più adatta sarà data dal ricorso al franchising, dove ad esempio il franchisor può impartire direttive al franchisee su tutto ciò che concerne il punto vendita e può controllare in maniera più pervasiva l’operato del franchisee e la clientela con cui quest’ultimo si rapporta.
A completamento di tale creazione della rete a marchio, bisogna poi considerare la centrale importanza della presenza di segni distintivi che permettano di identificare il marchio e la relativa insegna, unitamente ad un know-how composto da una serie di elementi innovativi che consentano la gestione del punto vendita in maniera differente rispetto a tutti gli altri competitor.
Il modo migliore per tutelare dunque la rete a marchio con i suoi segni distintivi e di conseguenza l’intero business, risiede nella redazione di contratti internazionali tailor-made, ossia disegnati su misura per l’impresa, in armonia con il marketing aziendale e gli obiettivi commerciali.
Luca Davini
Avvocato in Milano e Torino
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