Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
Nel secondo articolo del nostro decalogo sulla distribuzione internazionale condurremo un’analisi sulla natura giuridica del contratto di distribuzione alla luce delle note sentenze “Corman-Collins” e “Granarolo” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Nel caso Corman-Collins (C-9/12 del 2013), l’omonima società belga, dopo aver acquistato per circa dieci anni diverse marche di prodotti dalla società francese “La Maison du Whisky” per poi rivenderli sul mercato belga, veniva informata dalla medesima che la distribuzione di due tra le marche fino a quel momento distribuite dalla società belga sarebbe stata affidata ad un altro soggetto.
La Corman-Collins citava quindi La Maison du Whisky innanzi al Giudice belga per ottenere il pagamento delle indennità dovute ai concessionari di vendita, sulla base della legge belga in materia del 27 luglio 1961; la convenuta francese contestava la competenza del giudice belga invocando la competenza del Giudice francese, in quanto foro del convenuto.
Della questione veniva investita la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata preliminarmente ad una valutazione circa la qualificazione del rapporto contrattuale intercorrente tra il fornitore francese ed il distributore belga.
Due le ipotesi in esame:
– da un lato, la distribuzione verrebbe inquadrata quale semplice compravendita, il che condurrebbe alla competenza del Giudice francese sulla base della competenza generale del cd. “foro del convenuto”, ex art. 2.1. del Regolamento Bruxelles I (Regolamento CE/44/2001);
– dall’altro lato, la distribuzione consisterebbe in un contratto di prestazione di servizi, il che permetterebbe di mantenere la competenza territoriale del Giudice belga, in applicazione dell’art. 5.1 b) del Reg. Bruxelles I, in quanto giudice del “luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto”.
Nel rispondere a detto quesito, i giudici europei hanno chiarito che un rapporto commerciale durevole tra operatori economici è configurabile come compravendita di beni quando esso “si limiti ad accordi successivi, ciascuno avente ad oggetto la consegna e il ritiro di merce”.
Viceversa, è applicabile la disciplina relativa alla prestazione di servizi quando il contratto di distribuzione costituisca un “accordo quadro avente ad oggetto un obbligo di fornitura e di approvvigionamento concluso per il futuro” e che contenga “clausole contrattuali specifiche relative alla distribuzione da parte del concessionario della merce venduta dal concedente”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Giustizia europea è giunta a qualificare il rapporto intercorrente tra le parti come contratto di prestazione di servizi, con conseguente conferma della competenza del Giudice belga adito.
Anche nel caso Granarolo (C-196/15 del 2016), la CGUE è stata chiamata a pronunciarsi su una questione simile.
La Corte, richiamando il caso Corman-Collins, ha quindi ribadito che l’articolo 5.1 b), del Reg. Bruxelles I deve essere interpretato nel senso che relazioni commerciali stabilite da tempo devono essere qualificate come contratti di compravendita di beni, se l’obbligazione caratteristica del contratto in esame consiste nella consegna di un bene, oppure come prestazione di servizi, se tale obbligazione consiste nella fornitura di servizi, in base ad un’analisi effettuata dal giudice del rinvio.
Le sentenze in esame mettono in luce importanti questioni legate a situazioni – nella pratica frequenti – in cui fornitore e rivenditore instaurino un rapporto di lunga durata senza procedere alla stipulazione per iscritto di un contratto.
Alla luce di quanto esposto, è sempre opportuno valutare, in base alla concreta operatività del rapporto commerciale in corso, il modo migliore per procedere alla stesura di un contratto scritto completo, includendo previsioni chiare in materia di legge applicabile e foro competente.
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