di Luca Davini
Avvocato in Milano e Torino
Il commercio internazionale risulta ad oggi uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi sanitaria ed economica causata dalla Pandemia da Covid-19 dagli inizi del 2020.
La distribuzione transfrontaliera ha infatti subito non pochi rallentamenti ed inconvenienti dovuti in particolare alle difficoltà di reperimento di materie prime e in generale ad inadempimenti contrattuali delle parti coinvolte nei rapporti commerciali.
Uno tra i contratti di distribuzione più diffusi, ossia quello di agenzia, non è andato esente dal doversi confrontare con tali problematiche.
La Corte di Appello di Milano ha recentemente emanato una sentenza, la n. 1622 del 07/02/2022, inerente al tema della responsabilità dell’agente commerciale per inadempimento. In tale pronuncia emerge che la prestazione caratteristica del contratto di agenzia ossia quella di “trattare per il preponente, la vendita o l’acquisto di merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente” – come sancito dall’art. 1 Dir. 86/ 653 CEE – possa avvenire anche attraverso comportamenti alternativi rispetto all’incontro con la clientela.
In epoca pandemica, infatti, tale obbligazione può essere assolta mediante l’assidua interlocuzione con la clientela di riferimento a mezzo comunicazioni web, telecomunicazioni, videoconferenze.
Non risulterebbe, dunque, in linea di massima giustificabile l’impossibilità dell’agente di recarsi fisicamente presso la sede del cliente per la conclusione dell’affare, potendo costui adempiere mediante mezzi alternativi: pertanto, l’agente che faccia valere tale scusante non potrà risultare in giudizio esonerato dalla responsabilità per inadempimento contrattuale.
Nella medesima pronuncia la Corte di Appello di Milano ha peraltro sancito l’inadeguatezza della sola diminuzione del fatturato ad opera dell’agente quale causa di responsabilità contrattuale tale da giustificare da parte del proponente il recesso per giustificato motivo a causa del “colpevole disimpegno” dell’agente.
I giudici hanno infatti rilevato come un calo del fatturato non sia di per sé elemento sufficiente a dimostrare in giudizio il paventato “colpevole disimpegno” da parte dell’agente inadempiente, dovendosi scrupolosamente tenere in conto la forte recessione economica del 2020 causata dalla pandemia. Tale “colpevole disimpegno” avrebbe potuto essere dimostrato dalla preponente, ad esempio, mendiate l’allegazione dei fatturati medi di agenti commerciali operanti in condizioni simili all’agente estromesso dal rapporto contrattuale.
Analogamente, sul tema si è pronunciato il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 575 del 29/07/2021, in un caso relativo ad un contratto di agenzia concluso prima dell’avvento della pandemia, in cui era prevista una clausola di fatturato minimo collegata ad una clausola risolutiva espressa, attivabile in caso di mancato raggiungimento di tale obiettivo.
In questo caso l’agente di commercio non aveva raggiunto il fatturato minimo previsto contrattualmente per il primo semestre del 2021, motivo per cui la preponente aveva ritenuto il contratto risolto avvalendosi della clausola risolutiva espressa sottoscritta dalle parti.
Il Tribunale di Firenze, adito dall’agente, conformemente alla pronuncia sopra riportata della Corte d’Appello di Milano, ha stabilito che il mancato raggiungimento del minimo di fatturato, alla luce dell’andamento della pandemia, non fosse esclusivamente imputabile a quest’ultimo, bensì avrebbe dovuto essere ricondotto ad una crisi economica generale, così esonerando l’agente commerciale da responsabilità contrattuale e condannando la preponente a corrispondere le indennità spettanti per aver ingiustamente terminato il rapporto.
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