ll contratto di distribuzione/concessione di vendita internazionale viene utilizzato frequentemente dalle imprese italiane per regolare il proprio rapporto commerciale con un importatore all’estero.
Il distributore (“distributor”) o concessionario di vendita, può definirsi come un imprenditore, integrato nella rete commerciale del fornitore (“principal”), al quale è affidato il compito di promuovere ed organizzare le vendite in un certo territorio geografico, di solito concessogli in esclusiva, contro l’impegno (ma non sempre) di non vendere prodotti o offrire servizi concorrenti con i prodotti e/o servizi forniti dal concedente.
Il rapporto di distribuzione internazionale può nascere o a seguito di un preciso accordo contrattuale tra soggetti ben consapevoli di ciò che firmano oppure di fatto.
Ques’ultima ipotesi, purtroppo molto più frequente di quanto si pensi, si verifica quando le parti hanno iniziato la loro relazione sulla base di normali contratti di compravendita per poi aggiungere nel corso del tempo servizi a carico del distributore quali obblighi di promozione delle vendite, di assistenza in garanzia e post-vendita, di pubblicità, di tenuta di un minimo di stock e così via e ciò in misura tale da trasformare il rapporto da semplice compravendita a distribuzione.
Con ciò si vuole evidenziare che i contraenti hanno iniziato la relazione in un certo modo e poi questa si è evoluta in modo diverso tanto da non essere più inquadrabile in un rapporto di vendita internazionale ma piuttosto in un rapporto di distribuzione internazionale, posto che in questo caso le parti hanno nel tempo hanno appunto aggiunto servizi alle semplici operazioni di vendita di inizio rapporto.
Ancora diverso poi sarà un rapporto di fornitura di lunga durata tra un fornitore italiano ed un acquirente con sede all’estero.Magari non v’è traccia di servizi che caratterizzebbero il rapporto come di distribuzione, ma il cliente potrebbe comunque invocare l’esistenza di una relazione di fornitura internazionale con obbligo del fornitore di consegnare le merci ordinate all’acquirente.
Ad esempio nel caso al rapporto di fatto si applichi la legge italiana, l’art.1559 c.c. definisce il contratto di somministrazione/fornitura come il contratto con il quale una parte si obbliga….a eseguire a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.
Dunque sia che si tratti di distribuzione sia che si tratti di fornitura (e ci siano ovviamente elementi concreti in tal senso) non ci troviamo più al cospetto di una vendita ma di un diverso tipo contrattuale con diverse regole e diverse potenziali conseguenze economiche.
La sentenza Corman Collins della Corte di Giustizia,19 Dicembre 2013, Caso C-9/12, Corman-Collins SA v La Maison de Whisky SA, ha delineato, dal punto di vista del diritto dell’Unione Europea, le differenze tra contratto di distribuzione e di semplice fornitura di lunga durata stabilendo che:
-se il rapporto si limita alla fornitura dei prodotti, anche attraverso un rapporto continuativo di lunga durata, si tratta di compravendita;
-se invece il rivenditore assume specifici obblighi relativi alla distribuzione dei prodotti, il rapporto va considerato come concessione di vendita o distribuzione e quindi di prestazione di servizi.
Le conseguenze dell’applicazione di un tipo contrattuale o dell’altro sono importanti sia dal punto di vista della legge applicabile al rapporto in mancanza di scelte delle parti nel contratto (e questa scelta in un rapporto di fatto non è presente) sia in relazione all’eventuale pagamento di un’indennità di cessazione del rapporto al soggetto che si proclama distributore reclamando, spesso a ragione, il pagamento della predetta indennità sulla base della propria legge nazionale.
Nel caso invece si tratti di un rapporto commerciale di fatto inquadrabile nella fornitura il compratore avrà perlomeno diritto ad ottenere in caso di scioglimento del rapporto da parte del fornitore un congruo (ad esempio nel diritto italiano) o ragionevole termine di preavviso (ad esempio nel diritto inglese) e, nel caso questo sia ignorato o non sia rispettato, al risarcimento del danno patito a causa dell’omesso o insufficiente termine di preavviso.
Nella pratica degli affari può anche accadere – e lo abbiamo rilevato più volte- che l’acquirente,avendo sviluppato un notevole fatturato di acquisto dei prodotti contrattuali, reclami espressamente nel corso del proprio rapporto, sulla base della propria legge nazionale sia un contratto che lo garantisca meglio sulla stabilità della relazione commerciale nel futuro sia un’indennità di fine rapporto che gli dovrà essere corrisposta in futuro alla fine del rapporto commerciale sulla base della legge del Paese ove ha sede il distributore (legge applicabile in mancanza di scelta delle parti nel contratto ai sensi del Regolamento UE 593/2008).
In queste ipotesi non c’è un conflitto legato alla cessazione del rapporto, anzi il rapporto procede benissimo, ma potrebbe certamente entrare a breve in crisi se non si troverà tra le parti una soluzione negoziata alla richiesta del distributore una migliore tutela, nella misura in cui detta richiesta sia legittimamente fondata sulla legge del Paese ove ha sede il distributore.
La situazione di cui si parla avrebbe potuto essere evitata inquadrando fin da subito il rapporto che si intendeva instaurare in modo corretto e quindi proponendo un contratto adeguato all’operazione economica.
In linea geenrale si evidenzia quindi l’opportunità di verificare le situazioni senza contratto in corso con i clienti e/ o comunque di monitorare l’andamento di queste relazioni di fatto, in modo da poter prendere l’iniziativa al momento opportuno offrendo al proprio partner contrattuale una regolamentazione contrattuale di tutela del fornitore/principal che eviti il rischio di pagamento somme in favore del concessionario.
Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
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