Distribuzione internazionale: condannata rete italiana di importazione parallela

Marcello Mantelli

Avvocato in Milano e Torino


Con sentenza 18090/2022 la sezione speciale imprese del Tribunale di Roma ha condannato al risarcimento in solido la rete di importatori e venditori al dettaglio di un noto brand di abbigliamento statunitense per aver importato parallelamente e rivenduto in Italia lotti di prodotti non autorizzati.

E’ questa la conclusione della vicenda giudiziaria che ha contrapposto il noto brand Ralph Lauren ad una catena di distributori italiani con radicamento principale nella regione del Lazio, i quali avrebbero acquistato e rivenduto entro lo spazio economico europeo (SEE) – all’ insaputa del titolare del marchio – dei capi d’abbigliamento in stock negli Stati Uniti, avvalendosi dell’intermediazione di una consolidata struttura commerciale che vedeva la compartecipazione di società americane compiacenti.

L’importazione parallela del caso in esame riguarda l’importazione di un prodotto, senza l’espressa autorizzazione (o implicita) del proprietario della proprietà intellettuale e rappresenta un caso di importazione illecita, riconducibile al divieto di cui all’art. 20 del CPI che sancisce “il titolare del marchio può in particolare vietare ai terzi di apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni o sugli imballaggi; di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso”.

Le principali società convenute hanno eccepito in giudizio il legittimo uso del principio dell’esaurimento comunitario del marchio, espresso agli articoli 5 CPI e art. 17 del Regolamento 1001/2007, nello specifico valorizzando la possibilità di rivendere prodotti già immessi in commercio in uno Stato Membro dell’Ue dal titolare del marchio, sostenendo che la merce definita di importazione parallela, veniva acquistata esclusivamente nel territorio statunitense presso stores della Ralph Lauren per mezzo di interposte società di diritto americano regolarmente autorizzate a rivendere il marchio Ralph Lauren negli Stati Uniti e in rapporti diretti con le società del gruppo distributore in Italia.

Sul punto il Tribunale di Roma, dopo aver escluso la presenza di attività di contraffazione, al termine di attenta istruttoria, ha sancito che i soggetti coinvolti nell’attività di distribuzione in Italia non sono riusciti a dimostrare efficacemente l’esistenza di un’autorizzazione da parte del titolare del marchio, escludendo in via definitiva il coinvolgimento nelle asserite trattative di soggetti apicali di Ralph Lauren “idonei ad esprimere un valido consenso all’esportazioni di prodotti al di fuori dei normali circuiti di distribuzione selettiva”.

Ha inoltre rilevato che un ulteriore “elemento di sicura riconoscibilità da parte dei terzi rivenditori della provenienza illecita dei beni è dato dal prezzo di acquisto” avendo i distributori rivenduto i capi di abbigliamento alla propria rete parallela ad un prezzo ribassato del 30% rispetto al prezzo dei rivenditori accreditati.

Da ultimo, il Tribunale di Roma ha sancito che, oltre ad aver violato l’art. 20 CPI relativo al divieto di importazione parallela, le società distributrici, avevano posto in essere comportamenti commerciali potenzialmente confusori e dannosi per la concorrenza e per i consumatori, pertanto condannando sia le convenute sia i singoli commercianti al dettaglio -che avevano acquistato i prodotti illecitamente importati dalle convenute principali- ad un ingente risarcimento in favore della società Usa titolare del marchio Ralph Lauren.

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Mario

Avete un facsimile di accordo tra Distributore/etichetta e Artista ? Se si, vorrei leggerlo. Grazie, saluti. Mario Comendulli [email protected]

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