Come precedentemente analizzato su questo blog, il settore della moda è in rapido e continuo sviluppo, e purtuttavia risulta anche essere uno dei settori più colpiti da vari tipi di violazioni, soprattutto per quanto riguarda un uso distorto dei marchi da parte di soggetti terzi.
Abbiamo visto come una tutela più effettiva da tali usi distorti può essere garantita in vari modi, tra cui ad esempio il contratto di licenza del marchio, il quale può rispondere bene all’esigenza di disciplinare e tutelare un rapporto tra il licenziante (titolare di un marchio) e il licenziatario (soggetto che può utilizzare il marchio del licenziante).
Tali soluzioni sono state tuttavia sviluppate soprattutto nel contesto europeo (si veda a titolo esemplificativo l’approfondimento fatto sulla disciplina italiana in materia di licensing), mentre per quanto concerne i Paesi di Common Law in generale e gli Stati Uniti nello specifico, è possibile constatare una minore tutela di tutto ciò che rientra nelle “nuove invenzioni”.
Ad oggi, gli Stati Uniti disciplinano il c.d. Fashion Design attraverso l’applicazione delle norme in materia di Copyright, Trademark, Trade Dress e Design Patent (disciplinati all’interno del Copyright Act del 1976).
In particolare, poi, i c.d. dresses and accessories appartenenti al settore Fashion vengono tutelati da copyright solamente quando è evidente la loro natura di “opere d’arte”.
In tal senso, dunque, la disciplina statunitense richiede la necessaria presenza di due componenti nei prodotti, ossia un aspetto artistico e un aspetto utilitaristico, e purtuttavia, qualora vi dovesse essere contrapposizione tra questi due elementi, la protezione del copyright verrebbe negata.
Inoltre, va segnalato come negli Stati Uniti la disciplina in materia di trademarks (ossia i marchi, qualificati come una parola, una frase, simboli o disegni che identificano la provenienza esatta di un prodotto e lo rendono riconoscibile) non garantisce, come accade viceversa in Europa, un uso esclusivo del prodotto da parte del titolare del marchio, tutelando in tal senso unicamente il consumatore dal rischio di essere tratto in inganno da quanto indicato sulle etichette del prodotto.
L’Ufficio competente negli States per la gestione dei marchi è l’USPTO (United States Patent and Trademark Office), il quale analizza i marchi e procede alla loro registrazione nel relativo registro solamente a condizione che rispettino i requisiti necessari (ossia si tratti di: marchi descrittivi, di per sé generici, ma ugualmente registrabili a patto che acquisiscano un “secondary meaning”, vale a dire la capacità di essere distinti dai consumatori rispetto ai servizi offerti da concorrenti grazie all’utilizzo continuato nel tempo del marchio generico; oppure di marchi distintivi, sempre registrabili e che si suddividono a loro volta in marchi suggestivi, arbitrari o fantasiosi).
Oltre a tale suddivisione, bisogna considerare poi il caso frequente nel settore della moda del c.d. Trade Dress(ossia il marchio tridimensionale), relativo all’immagine complessiva di un prodotto sul mercato, includendo in tal senso non soltanto il prodotto in sé, ma anche il packaging e l’etichettatura.
In tal caso, affinché venga riconosciuta una tutela effettiva del trade dress, è necessario dimostrare la distinctiveness del prodotto (ossia la distinzione rispetto ad altri prodotti) e la circostanza per cui il soggetto terzo avrebbe violato il marchio tridimensionale, creando nel consumatore un rischio di confusione del prodotto sul mercato.
Luca Davini
Avvocato in Milano e Torino
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