L’India è uno dei Paesi maggiormente colpiti dall’epidemia da Covid-19, non soltanto per i numeri di contagi, ma anche per quanto riguarda l’impatto sull’economia e sul commercio nazionale e internazionale.
Vi è infatti una stretta connessione tra l’India e altri Paesi fortemente colpiti dal virus, primo fra tutti la Cina (si pensi al settore farmaceutico, il quale in India dipende fortemente dagli ingredienti farmaceutici attivi provenienti dalla Cina, o ancora al mercato nazionale degli smartphone, anche questo fortemente dipendente dalla Cina che produce quasi l’80% dei componenti).
Oltre ai rapporti con la Cina, anche le relazioni commerciali con partner di altri Stati risultano complicate dall’avvento della Pandemia, di talché risulta necessario considerare delle alternative per permettere di continuare i rapporti in corso con partner indiani o cominciare nuove relazioni commerciali senza subire un impatto eccessivamente negativo per via dell’emergenza sanitaria in corso.
Tra le soluzioni più plausibili, sicuramente la possibilità di ricorrere a contratti di franchising o distribuzione risulta un buon compromesso per consentire alle aziende straniere di sfruttare l’esperienza della controparte indiana nel mercato locale, evitando le complicazioni legate alla Pandemia e senza dover sostenere costi eccessivi per avviare un’attività in India.
Per quanto riguarda poi l’effettiva conclusione del contratto in un periodo storico tanto incerto, bisogna tenere in considerazione diversi fattori, primo fra tutti la disciplina specifica del principio di “forza maggiore” all’interno dell’ordinamento indiano (che ricordiamo appartenere alla tradizione giuridica di common law).
Nella normativa indiana, infatti, non si fa alcun riferimento alla causa di forza maggiore. Tuttavia, nel Contract Act indiano, alla sezione 56, è previsto il caso della c.d. frustration, secondo la quale si ha un contratto “frustrato” qualora si verifichi un evento che:
– si manifesta successivamente alla stipula del contratto;
– rende la prestazione impossibile, illegale o radicalmente diversa rispetto a quanto originariamente pattuito (ossia l’evento determina una difficoltà estrema che muta la natura originaria del contratto);
– non dipende dalla volontà delle parti;
– non è previsto nel contratto.
Al verificarsi di casi di questo tipo, secondo la normativa indiana, le parti possono essere sollevate dalle loro obbligazioni contrattuali.
In alternativa, i tribunali indiani hanno dichiarato in varie pronunce che un’eccezione di forza maggiore può essere fatta valere, a patto che sia stata inclusa nel contratto tramite clausola espressa.
Per tale motivo – considerati gli stretti requisiti da soddisfare per poter applicare la dottrina della “frustration” – il consiglio pratico, nel concludere un contratto commerciale con un partner indiano in questo periodo così delicato, rimane quello di condurre un’attenta analisi del caso specifico e disciplinare nel dettaglio la relazione tramite condizioni chiare, indicando in particolare una specifica clausola di forza maggiore (su modello di quella elaborata dalla Camera di Commercio Internazionale) redatta appositamente per la situazione emergenziale in corso.
Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
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