Rapporti commerciali internazionali di lunga durata non regolati da contratto: il caso Granarolo/Ambrosi

Premessa

E’ comunemente noto che le imprese italiane intrattengono relazioni commerciali continuative, di diversa tipologia, con clienti e/o fornitori situati all’estero. Secondo la nostra esperienza nella maggior parte dei casi si tratta di relazioni commerciali di fatto, non regolate da un contratto, che si protraggono nel tempo.
Per relazioni commerciali continuative intendiamo fare riferimento, dal punto di vista della pratica commerciale e quindi in senso più ampio rispetto alla tradizionale classificazione giuridica, non solo ai tipici contratti di durata (ad esempio i contratti di fornitura e di concessione di vendita) ma anche alle normali compravendite di merce effettuate nel tempo con clienti fedeli situati all’estero. 
Queste relazioni si instaurano soprattutto tra le piccole e medie imprese le quali, anche in presenza di volumi importanti in termini di scambi commerciali, tendono ad evitare la formalizzazione contrattuale del rapporto, considerandola una burocratizzazione non necessaria rispetto agli elementi essenziali dell’affare che vogliono concludere.
Le imprese non considerano però i potenziali rischi e costi impliciti che possono derivano dall’operare senza contratto che vedremo nel seguito.

Le relazioni d’affari continuative in linea generale

In linea generale, con una certa approssimazione per semplificare, possiamo inquadrare le relazioni commerciali continuative sopra menzionate, tipiche della prassi commerciale delle PMI europee, nei seguenti schemi contrattuali di massima:
i) vendite consecutive di merce nel tempo ad un cliente fedele; oppure
ii) fornitura di merce  (con vincolo a fornire il cliente come si dirà nel seguito); oppure
iii) concessione di vendita (anche denominata “distribuzione”)
Le relazioni commerciali in questione, quando non basate su un contratto scritto, sono sostanzialmente costituite dallo scambio di ordini e conferme d’ordine o di ordini del cliente, ai quali segue direttamente la consegna da parte del venditore italiano.  
Non è infrequente che nel corso di questi rapporti, nati come semplici compravendite di merce, si instauri nel tempo un ulteriore rapporto non scritto, una sorta di contratto tacito che si può definire come “contratto quadro”, con impegni aggiuntivi rispetto alla semplice consegna delle merci e quindi addizionali rispetto al nucleo tipico della vendita tradizionale (trasferimento della proprietà della merce verso il corrispettivo di un prezzo) e ciò senza che le parti – o almeno il venditore-fornitore – se ne rendano perfettamente conto, fino a quando non si crei un conflitto tra loro causato dell’iniziativa del fornitore  di interrompere la relazione in atto, per esempio allo scopo di attuare una diversa e più fruttifera strategia commerciale.
In queste situazioni le parti hanno assunto nel tempo, diritti ed obblighi aggiuntivi rispetto agli elementi essenziali delle normali vendite consecutive di merce ad un cliente fedele e che vanno ben oltre a quanto previsto nei singoli contratti di compravendita.
Ad esempio hanno concordato un obbligo di fornire i prodotti a carico del fornitore a certe scadenze o secondo il bisogno dell’acquirente, obblighi di promozione delle vendite nel territorio da parte del rivenditore, di partecipazione a fiere, di prestazione di servizi in garanzia, di consegna della merce in conto vendita ecc…
A seconda delle circostanze del caso concreto, in presenza di detti impegni aggiuntivi ed in mancanza di un contratto che attesti la posizione giuridica delle parti e delle loro intese, si potrebbe configurare la presenza di un contratto di fornitura o di concessione di vendita o altra tipologia contrattuale.
Si precisa sul punto che secondo la legge italiana la somministrazione (termine sostanzialmente equivalente, per quello che qui rileva, a quello di “fornitura”), contratto tipico,  viene definita all’art.1559 c.c. come “il contratto con il quale una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”. 
Ugualmente la concessione di vendita/distribuzione, contratto atipico non regolato dal nostro codice civile, è connotata a sua volta da obblighi delle parti ben diversi ed aggiuntivi (esclusiva, obbligo di non concorrenza, integrazione nella rete commerciale del concedente ecc..) rispetto a quelli caratteristici una relazione commerciale basata solo su normali compravendite consecutive di merce attuate con un cliente fedele. 
Nel caso di rapporto di fornitura o di concessione di vendita l’acquirente gode infatti di diritti aggiuntivi e molto più ampi rispetto a quelli derivanti da una normale relazione di compravendita.
Un diritto fondamentale, sotteso alla fornitura ed alla concessione di vendita, è quello di dover rispettare, salvo diverso accordo scritto,  un termine congruo di preavviso (secondo l’art.1569 c.c. italiano) o ragionevole (secondo il diritto inglese), preavviso parametrato alla durata del rapporto, per poter recedere dal rapporto di durata in atto -anche se di fatto- e quindi di cessare la relazione commerciale solo dietro notifica alla controparte di detto preavviso di recesso. 
Ben diversamente da quanto ora detto, nel caso di normale vendita senza vincolo a fornire,  non inquadrabile né nella fornitura né nella concessione di vendita, il venditore sarà libero in ogni tempo di perfezionare o meno una compravendita anche con un cliente fedele, stante l’assoluta libertà di ogni operatore economico di contrarre o meno con chicchessia.
Ad esempio le parti non si accordano più sul prezzo della merce oggetto di ordine ed il venditore decide di non procedere con il relativo contratto ed abbandona la relazione.
La sentenza resa dalla Corte di Giustizia lo scorso 14 luglio 2016  nella causa C-196-15 tra Granarolo S.p.a e Ambrosi Emmi France SA (la “Ambrosi”) che vedremo ha proprio per oggetto la cessazione di una relazione commerciale di fatto, ad iniziativa del fornitore, la società italiana Granarolo e la conseguente azione in giudizio della società francese Ambrosi, la quale ha lamentato  la cd rupture brutale (interrruzione brusca/improvvisa del rapporto) e chiesto il risarcimento dei danni patiti, promuovendo un’azione legale davanti al giudice di Marsiglia da essa ritenuto competente a decidere la controversia.

Concessione di vendita – Fornitura – Acquirente fedele nel tempo

L’esame delle situazioni di fatto sopra descritte è agevole quando il rapporto con il cliente fedele nel tempo non preveda nulla di più che il trasferimento della merce verso il corrispettivo di un prezzo.
Tuttavia, nel diverso caso della fornitura e della concessione di vendita, quando vi sono elementi aggiuntivi che si possono trarre dalle pratiche instaurata tra le parti, la qualificazione del contratto come  fornitura o concessione di vendita andrà effettuata caso per caso. tenendo conto di tutti gli elementi e le circostanze della fattispecie concreta.
Dal punto di vista dell’Unione Europea, la sentenza della Corte di Giustizia Corman Collins del 2013 (Caso n. C‑9/12, sentenza del 19/12/2013) ha tratteggiato una prima distinzione tra le due fattispecie della vendita e della concessione di vendita, alla quale i giudici nazionali devono conformarsi.
Secondo la sentenza in questione, già esaminata in un precedente articolo su questa rivista, al quale rinviamo per l’approfondimento, se il rapporto tra le parti si limita alla consegna di merci (anche attraverso un rapporto inquadrabile nella fornitura Nda), siamo nell’ambito della compravendita; se invece il rivenditore assume ulteriori obblighi relativi alla distribuzione dei prodotti (obblighi di promozione e/o pubblicitari, partecipazione a fiere, servizi vari), in cambio di un vantaggio di tipo economico (esclusiva, trasmissione di know how ed attività di formazione, agevolazioni di pagamento), il rapporto può essere inquadrato come concessione di vendita e quindi considerato prestazione di servizi.
Ciò comporta effetti diversi sulla legge applicabile al rapporto: applicazione della legge del paese del fornitore nel caso di fornitura/vendita e, al contrario, applicazione della legge del paese del distributore nel caso di prestazione di servizi. 
Tuttavia, l’individuazione degli elementi da cui desumere se siano stati o meno assunti tali obblighi, viene demandata dalla Corte ai giudici nazionali, fermi i principi generali fissati dalla Corte di Giustizia Europea nella citata sentenza Corman- Collins.

Il caso Granarolo / Ambrosi (CGE C-196-15)

La società francese Ambrosi Emmi France SA, con sede a Nizza, distribuiva in Francia da circa 25 anni prodotti alimentari forniti dalla società italiana Granarolo, con sede a Bologna, senza contratto né patto di esclusiva, con consegna ex works delle merci (franco partenza).
Il 10 dicembre 2012 la Granarolo informava con lettera raccomandata l’Ambrosi che a partire dal successivo 1° gennaio 2013 i suoi prodotti sarebbero stati distribuiti in Francia e in Belgio da un’altra società francese.
L’Ambrosi adiva il Tribunale de Commerce di Marsiglia, che si dichiarava competente,  e chiedeva il risarcimento dei danni patiti nei confronti della Granarolo per la rupture brutale (interruzione improvvisa/brusca) del  rapporto commerciale stabilmente in corso da 25 anni, senza che fosse stato rispettato dalla Granarolo alcun termine di preavviso come dovuto ai sensi dell’art.L.442-6 del Codice di Commercio francese, il tutto sulla base del diritto francese che riteneva applicabile al caso di specie.
Da parte sua la Granarolo opponeva la competenza del giudice italiano a decidere il caso e negava qualsiasi diritto dell’Ambrosi al risarcimento dei danni patiti per il mancato preavviso. Essa sosteneva infatti che il rapporto andasse configurato come compravendita di merci con un cliente abituale, in forza di contratti di vendita consecutivi stipulati per ciascuna consegna di merce, la quale avveniva ex works presso la sede della Granarolo in Bologna. La Granarolo  riteneva applicabile alla relazione d’affari il diritto italiano, quale legge del paese ove ha sede il venditore in forza del diritto europeo applicabile alle obbligazioni contrattuali. 
Il giudice francese delle prime cure si riteneva competente, qualificava la fattispecie come illecito civile doloso (dunque come responsabilità extra-contrattuale sebbene sorta nel contesto di una risoluzione di un rapporto contrattuale di fatto), ai sensi dell’art. L.442-6 del codice di commercio francese e della consolidata interpretazione del predetto articolo da parte della Corte di Cassazione francese (Com.6 febbraio 2007,n.04.13.178). 
La disposizione francese in questione prevede infatti che una relazione commerciale stabile non possa essere interrotta, se non dopo aver rispettato un congruo termine di preavviso che tenga conto della durata della relazione.
Il termine può essere di oltre due anni in caso di lunga durata della relazione e gli importi in gioco, a carico del fornitore, possono diventare elevatissimi, tenuto conto del mancato guadagno che normalmente chiede l’acquirente su tutto l’arco temporale relativo al mancato preavviso. 
La Granarolo proponeva appello presso la Corte di Appello francese contestando la competenza del tribunale di Marsiglia.
La Corte di Appello sospendeva il procedimento per sottoporre alla Corte di Giustizia Europea, nella sostanza,  le seguenti questioni pregiudiziali:
a) la brusca interruzione di rapporti commerciali stabili consistenti nella fornitura di merci da diversi anni senza preavviso configura un illecito civile doloso o un inadempimento contrattuale?
Sulla questione la Corte di Giustizia Europea ha confermato la precedente giurisprudenza (sentenza del 13 marzo 2014, Brogsitter, C-548/12, EU:C:2014:148) ribadendo che i termini materia contrattuale e materia di illeciti civili dolosi o colposi devono interpretarsi in modo autonomo, alla luce del sistema europeo, per assicurare l’applicazione uniforme in tutti gli Stati membri.
Conseguentemente, essi non possono interpretarsi con un rinvio alla qualificazione del rapporto giuridico dedotto dinnanzi al giudice nazionale secondo il diritto nazionale applicabile.
Il Giudice nazionale competente è pertanto tenuto a qualificare l’azione indipendentemente dalla sua qualificazione della legge nazionale applicabile, ma alla luce del diritto europeo.
Quindi, nel caso in esame, l’azione va qualificata alla luce del diritto europeo e non francese.
Ai sensi del diritto europeo la materia illeciti civili dolosi o colposi comprende qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità del convenuto non ricollegabile alla materia contrattuale (sentenza del 28 gennaio 2015, Kolassa, C-375/13, EU:C:2015:37), precisandosi che per far rientrare l’azione di responsabilità civile in materia contrattuale è necessario che il comportamento contestato possa essere considerato un inadempimento delle obbligazioni contrattuali, tenendo conto dell’oggetto del contratto (sentenza del 13 marzo 2014, Brogsitter, C-548/12, EU:C:2014:148).
Esaminando da vicino il caso di specie la Corte evidenzia che l’azione di risarcimento fondata su una brusca interruzione di relazioni commerciali senza preavviso non rientra negli illeciti civili dolosi o colposi, se esiste tra le parti una relazione contrattuale tacita di lunga durata, vale a dire un “accordo quadro”, che spetta al giudice del rinvio verificare.
Il Giudice nazionale, in questo caso quello francese, è tenuto a verificare se nelle particolari circostanze il rapporto si caratterizzi per la presenza di obbligazioni tra le stesse tacitamente pattuite per qualificare la relazione come contrattuale o di diversa natura.
L’esistenza della relazione non è presunta ma va dimostrata sulla base di una serie di elementi concordanti individuati dalla stessa Corte tra cui figurano, in particolare:
i) l’esistenza di relazioni commerciali in corso da tempo;
ii) ii) la buona fede intercorsa tra le parti;
iii) la regolarità delle transazioni e la loro evoluzione nel tempo espressa in quantità e valore;
iv) eventuali accordi sui prezzi fatturati e/o sconti accordati;
v) la corrispondenza intercorsa.
b) qualora la relazione commerciale di lunga durata sia qualificata come contrattuale ai sensi del Regolamento Bruxelles I essa deve qualificarsi come compravendita di beni o di prestazioni di servizi?
Per rispondere a questo secondo quesito i giudici europei delineano la differenza tra i due rapporti commerciali e ribadiscono i principi già affermati nella precedente sentenza Corman-Collins del 2013 e quindi:
se il rapporto tra le parti si limita alla consegna di merci (anche attraverso un rapporto inquadrabile nella fornitura Nda), si tratta di compravendita; se invece il rivenditore assume ulteriori obblighi relativi alla distribuzione dei prodotti, il rapporto può essere inquadrato come concessione di vendita e quindi considerato prestazione di servizi.
Nel caso in esame al giudice del rinvio francese spetterà il compito di individuare la legge applicabile e decidere o meno per la competenza giurisdizionale del giudice francese alle luce della corretta qualificazione del rapporto commerciale tra le parti in causa.
Se qualificherà il rapporto come concessione di vendita, foro competente e legge applicabile saranno quella francese con conseguente diritto del concessionario Ambrosi all’indennità di preavviso nei termini sopra esposti.
Diversamente, qualora venga configurato come semplice rapporto di compravendita con un cliente fedele e venga dimostrato che le consegne avvenivano ex works alla sede di Bologna (se pattiziamente ed effettivamente richiamati nei contratti di vendita con la corretta indicazione “secondo Incoterms Camera di Commercio Internazionale rev.2010”), foro competente e legge applicabile saranno quella italiana, con esclusione in via di principio di qualsiasi indennizzo da parte della Granarolo in favore dell’Ambrosi per il mancato preavviso, non configurandosi nel caso in questione un rapporto di fornitura/somministrazione nell’ambito del quale, lo si ripete, occorre rispettare un congruo termine di preavviso.

I rischi del rapporto commerciale non regolato da un contratto: il risarcimento danni per il mancato preavviso in caso di recesso, l’indennità di cessazione del rapporto (indennità di clientela) ed il risarcimento del danno

La corretta qualifica del rapporto quale vendita con un cliente abituale, fornitura o concessione di vendita, rileva sul piano delle conseguenze in caso di cessazione della relazione commerciale.
Infatti, il fornitore che decida di interrompere il rapporto correrà il rischio che il rivenditore invochi l’esistenza di un rapporto continuativo di fornitura o di concessione di vendita reclamando, nel primo caso il rispetto dell’obbligo di preavviso ed il connesso risarcimento dei danni  e nel secondo caso sia l’obbligo di preavviso ora detto sia il diritto al versamento di  un’indennità di preavviso e/o di clientela e perfino il risarcimento del danno a seconda della situazione di fatto ed alla legge applicabile al rapporto commerciale intercorso.
Qualora, diversamente, si tratti di un rapporto di fatto di fornitura, ad esempio  inquadrabile, dal punto di vista del diritto italiano, nella somministrazione di cui agli art.1559 e ss c.c  se la durata del rapporto non sia stata stabilita il fornitore che intende recedere dal contratto dovrà dare un congruo termine di preavviso all’acquirente.
Ne consegue che il fornitore che non si renda conto di aver agito nel contesto di una fornitura/somministrazione, con vincolo a fornire un certo cliente e che abbia genuinamente inteso non vendere più i propri prodotti a quel cliente cessando la relazione senza nessun preavviso, correrà il concreto rischio di vedersi chiedere dall’acquirente il risarcimento dei danni subiti. 

Il termine di preavviso secondo la legge italiana

Il diritto italiano attribuisce al concessionario in assenza di pattuizione il diritto ad un congruo termine di preavviso, commisurato dalla giurisprudenza alla durata del rapporto, che si traduce di regola in un indennizzo pari al mancato guadagno relativo al periodo di preavviso non goduto.
La giurisprudenza italiana ha ritenuto congruo il preavviso di un anno e mezzo in relazione ad un rapporto che durava da 25 anni (Trib. Treviso 20/11/2015); non ha invece ritenuto congruo un preavviso di sei mesi sostituendolo con una durata di un anno con riguardo ad un contratto di durata pari a dieci anni (Trib. Napoli 14/9/12).
In un altro caso è stato giudicato congruo un preavviso di tre mesi in relazione a 26 mesi di rapporto (Trib. Bologna 21/9/11).
In altri casi, la giurisprudenza italiana ha stabilito la durata del preavviso per analogia, in mancanza di diverse pattuizioni contrattuali, secondo le norme che regolano il contratto di agenzia.
Ad esempio il Tribunale di Bergamo (05/08/2009) ha ritenuto congruo un preavviso di 4 mesi in relazione ad un contratto durato 4 anni.
Diversamente in Francia, l’art. 442-6 comma 5 Code de Commerce impone al Giudice di verificare la congruità del preavviso pattuito nei rapporti di lunga durata, eventualmente aumentandolo, tenuto conto della durata della relazione commerciale e nel rispetto della durata minima di preavviso determinata con riferimento agli usi del commercio e agli accordi interprofessionali.
Si precisa che né in Italia né in Francia è prevista, dalla legge o dalla giurisprudenza, la concessione di indennità di clientela al concessionario all’atto della cessazione del rapporto come invece avviene in altri paesi dell’Unione Europea (cfr con l’articolo sull’indennità del distributore pubblicato nella presente rivista al quale si rinvia per l’approfondimento sul punto).

Conclusioni

Da quanto sopra esposto risulta che la mancata regolamentazione del rapporto contrattuale di fatto in corso da tempo con un cliente estero potrebbe comportare incertezze circa la qualificazione giuridica dello stesso e sulle conseguenti modalità per procedere alla sua cessazione consistenti in particolare nell’obbligo di rispettare o meno un termine di preavviso.
Il rischio, in concreto, è costituito dal fatto che le scelte strategiche dell’impresa su un certo mercato estero, dove opera un cliente con il quale è in atto da tempo una relazione commerciale di dubbia qualificazione giuridica,  ad esempio al fine di nominare un nuovo distributore esclusivo che garantisce importanti volumi di acquisto in sostituzione del cd cliente fedele, possono comportare costi non preventivati per risarcimento danni per mancato preavviso ed eventuali indennità (se si tratta di concessione di vendita di fatto e l’indennità in questione è prevista dalla legge o dalla giurisprudenza del paese del cliente).
Appare quindi consigliabile esaminare le relazioni commerciali in corso non regolate da un contratto scritto e valutare la possibilità di regolarle con un contratto in linea con gli obiettivi commerciali dell’impresa.
Marcello Mantelli
www.imantelli.com
[email protected]

Condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*