Marcello Mantelli
Avvocato in Milano e Torino
La Corte di Cassazione italiana si è recentemente espressa su un caso in materia di vendita internazionale riguardante la conformità merci secondo le disposizioni contenute nella Convenzione di Vienna, c.d. CISG.
La vicenda in esame riguarda una società italiana che acquistava da una società tedesca del materiale per produrre tubi in acciaio. In fase di lavorazione la società italiana constatava che il materiale risultava essere composto da una quantità di silicio inferiore ai valori comunemente utilizzati. La società italiana riscontrava poi problemi durante la produzione del prodotto finale e pertanto ometteva di saldare il pagamento.
La società tedesca citava dunque la società italiana dinanzi al giudice competente. Il giudice italiano adito in primo grado accertava la mancanza di qualsiasi vizio di conformità: le specifiche tecniche contrattualmente individuate dalle parti riportavano infatti solo un valore massimo di silicio e non anche un valore minimo da soddisfare. In carenza di tale elemento, il giudice italiano condannava l’acquirente al pagamento di una cospicua somma.
La società italiana impugnava la sentenza del Tribunale presso la Corte di Appello, la quale ribaltava la sentenza in primo grado esprimendosi a favore della società italiana.
La società tedesca ricorreva infine in Cassazione. La Suprema Corte confermava la sentenza della Corte di Appello dell’Aquila adducendo i seguenti motivi:
1. Il caso in esame era regolato dalla Convenzione sulla vendita internazionale di merci, c.d. CISG, di cui sia l’Italia sia la Germania sono Stati aderenti. In tema di conformità della merce compravenduta, secondo l’art. 35 comma 2, tale Convenzione dispone che “a meno che le parti non convengano altrimenti, le merci sono conformi al contratto solo se: a) sono atte agli usi ai quali servirebbero abitualmente merci dello stesso genere”. La mancata applicazione di tale criterio, dirimente nel caso di specie, avrebbe dovuto risultare da una specifica previsione concordata dalle parti.
2. La Corte rilevava che la scheda tecnica di cui al contratto tra le parti individuava il limite massimo di silicio, nulla specificando in ordine alla quantità minima che doveva essere presente nell’acciaio acquistato per renderlo idoneo al suo concreto utilizzo; tuttavia, il concreto utilizzo su cui ci si interrogava, è stato accertato rientrare nelle comuni produzioni dell’impresa italiana.
3. Non è emerso che le parti abbiano di comune accordo inteso escludere l’applicazione del criterio della normale idoneità delle merci, di cui al già menzionato articolo 35 comma 2 della CISG.
4. Pertanto, la Corte accertava la sussistenza di vizi di conformità della merce acquistata dalla società italiana. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 50 CISG, disponeva che l’acquirente aveva diritto ad una riduzione del corrispettivo proporzionalmente alla differenza tra il valore effettivo delle merci al momento della consegna ed il valore che esse avrebbero avuto se fossero state conformi al contratto.
Per i motivi sopra riportati, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società tedesca, condannandola in via definitiva al risarcimento nei confronti della società italiana, oltre che pagamento delle spese di giudizio.
Da questa vicenda emerge limpidamente -se ancora vi fossero dubbi sulla questione- la necessità di ben regolare con completezza per iscritto, nel contesto del contratto di vendita internazionale, le specifiche della merce oggetto di compravendita, al fine di prevenire ed evitare contestazioni da parte dei propri partners contrattuali con sede all’estero.